Quando si decide di fare il grande passo e di approcciarsi ad uno stile di vita privo di crudeltà, il primo step è senza dubbio togliere dal nostro piatto la carne e possibilmente il pesce, guadagnandoci così il titolo di vegetariani. Senza dubbio è una decisione lodevole e che potrebbe comportare un notevole sforzo da elogiare. Rinunciare a un panino al kebab, a una bistecca o al sushi del venerdì può sembrare ostico e il modo in cui si verrà visti in società lo rende ancora più difficile.
I vegetariani sono degni di tutto il rispetto possibile e la svolta che hanno dato alla loro vita è un passo significativo e indice di impegno che merita tutta la nostra stima. Ma siamo davvero sicuri che i derivati animali siano esenti da crudeltà? Lasciando aperto il discorso sulle uova, che merita senza dubbio un post tutto suo, questo articolo mira a smascherare la verità sull’industria dei latticini, probabilmente una delle più malsane.
Per dare un’idea del mondo in cui ci addentreremo, basti pensare che la parola inglese per “latticino”, “dairy”, deriva da un’antica parola celtica che ha il significato generico di “serva”. Ed è questa la parola migliore per descrivere una mucca in un allevamento intensivo: una serva, e della peggior specie.
Come tutti ben sanno, il latte viene prodotto quando una madre dà alla luce un bambino da crescere. Questo processo è identico per tutti i mammiferi, vacche comprese: una mucca produce latte se e solo se ha un piccolo da nutrire. Di conseguenza, per avere latte sempre a disposizione, le mucche da latte subiscono niente meno che continue e reiterate violenze sessuali. Dopo che si è prelevato liquido seminale da un toro -anche esso, non dimentichiamolo, vittima di violenza- le vacche vengono inseminate artificialmente. Al termine della gravidanza, al vitello appena nato sarà concesso un lasso di tempo brevissimo da trascorrere in compagnia della propria madre. Ciò avviene per evitare che beva il latte che secondo le leggi naturali gli spetterebbe di diritto ma che noi umani, nella nostra concezione distorta, abbiamo decretato essere nostro.
A questo punto, il destino del cucciolo può prendere due strade: se si tratta di un maschio, verrà spedito al macello per essere destinato all’industria alimentare o, se sarà straordinariamente “fortunato”, verrà tenuto in vita come nuova fonte di seme per far nascere nuovi esemplari. In caso sa una femmina, invece, verrà impiegata, come sua madre, come macchina da latte. Ovviamente, nonostante molti individui continuino a ritenere gli animali esseri inferiori e privi di intelligenza, le madri si accorgono della sottrazione del figlio all’istante. Una mucca privata del proprio figlio piange per giorni la sua mancanza.
Il ciclo di riproduzione rappresenta uno strazio immenso per il corpo di una mucca; del resto, anche una donna subirebbe gravi danni nel dare alla luce un figlio ogni anno. Lo stress accumulato fa sì che l’aspettativa di vita di questi meravigliosi e placidi animali, che in condizioni naturali vivono fino a vent’anni, non superino i sette o otto anni di età prima di collassare. Possiamo già immaginare quale sia il destino di un capo di bestiame non più in grado di assolvere al suo ruolo. Dopo essere nata e cresciuta in totale schiavitù, vivendo un’esistenza fatta solo di maltrattamenti ed umiliazioni, dopo aver messo al mondo dei figli destinati a morire o alla sua stessa sorte, ciò che tocca a una vacca ormai esausta non è altro che il macello.
Non c’è nulla di etico, dunque, in un latticino. Sfortunatamente, per quanto la verità faccia male, quando vediamo un pezzo di formaggio è opportuno sapere la verità: sapere che la forma di parmigiano o la mozzarella che abbiamo davanti non è che la cagliatura del latte inizialmente destinato a nutrire un cucciolo che non sa di essere venuto al mondo solo perché noi umani potessimo rubarlo e in seguito nutrirci anche della sua carne.
Sappiamo che privarsi dei latticini potrà sembrare una tremenda rinuncia (a detta di molti la più dura). In realtà c’è una motivazione anche per questo: il latte contiene infatti caseomorfine, sostanze particolari che originariamente servono a rendere i vitelli “dipendenti” dal latte della madre. Si tratta di un meccanismo naturale per evitare l’inappetenza nei cuccioli, ma funziona perfettamente anche su noi umani.
Ciononostante, crediamo di poter vivamente incoraggiare la riduzione, se non la rinuncia, al consumo di questi cibi. Chiunque sia interessato a ridurre il suo impatto sul pianeta – e soprattutto, sugli animali – capirà quale grande gesto possa essere fare a meno di un alimento con origini così crudeli.
Alessia Diana